mercoledì 7 dicembre 2011

L'economia italiana si basa sul..uhm...cazzeggio?

L'altro giorno in diretta tivù c'era il governo che presentava l'emendamento: ici, irpef, accise, pensioni, sgravi, tassazioni, rapporti con l'ue, scudo fiscale, etc. etc. (etc è 'eccetara' e non una sigla di una nuova tassa).
Sono un imbianchino, decisamente italiano medio, e quindi la maggior parte delle cose non le ho capite. Però una cosa sì, mi è chiara: un piccolo prelievo, ad esempio sulla benzina di 10 centesimi, moltiplicato per milioni di persone diventa uno grosso incasso per lo stato. Questo banale meccanismo mi ha dato da pensare ad una cosa: da buon italiano medio ho un'esigenza come la stragrande maggioranza degli italiani: andermene in piazza, beccarmi con i miei amici, prendere un caffè, fare due chiacchiere e poi magari ci facciamo un giro e ci infliamo in qualche negozietto e ci compriamo qualche minchiatina; in una parola: cazzeggiamo!
Ma questo diventa sempre più impossibile per via che le piazze sono impraticabili, i negozi chiudono e quelli che rimangono sono tuttiguali e le iniziative che intrattengono in piazza sempre meno e sempre più pallose. L'alternativa è il centro commerciale, ma come tutti, ci vado da solo, solo per comprare, e ci sto il tempo per l'acquisto.
Avete mai sentito un tedesco dire "vado in piazza?" oppure "ci troviamo in centro?".
E allora mi domando: ma che danno economico da dieci centesi per milioni di persone provoca lo spostamento dalle piazze italiane ai centri commerciali in stile americano-tedesco?
E allora la realtà delle piazze e non quella degli Statisti è che tutti i grafici germanofili che costruiscono maxiemendamenti pieni di lettere siglate non potranno mai essere economicamente così efficienti come un microemendamento in favore del sacrosanto cazzeggio italico!
firmato: ITALANO MEDIO.

lunedì 24 ottobre 2011

Simoncelli

Vedendo quello che è successo ieri mattina, qualche centinaio di migliaia di motociclisti esaltati, sparsi in tutto il mondo, ieri pomeriggio ha evitato di andare a manetta e quindi di schiantarsi.
A loro Simoncelli ha salvato la vita.

mercoledì 12 ottobre 2011

Officina delle Arti - THE END - per me.

In galera ho conosciuto un ragazzo pocopiù che ventenne. Era dentro per un reato gravissimo: aveva rubato un I-pod. Sì, si è fatto quasi sei mesi. Sì, giuro, rubato un I-pod. Non si rubano gli I-pod ed è giusto essere condannati. Sei mesi, però, sono decisamente tanti; forse bastavano sei giorni, o, esagerando, sei settimane.
Ma cosa c'entra questo con Officina delle Arti?
Nulla, assolutamente nulla. Solo che mi viene da raccontarvi come introduzione questa storia. Non so perchè, non viene dal cervello ma da qualche altra parte del corpo, forse lo stomaco, forse il culo.
Ma veniamo ad Officina. Per me, che ho concluso la mia esperienza lì pochi giorni fa, è il momento di fare un bilancio. Non voglio però fare un bilancio personale perchè di fronte ad una struttura pubblica che ha una funzione pubblica, mi sembra redicolo, offensivo, fuorilogo, eccetera, raccontarvi "ma io qui", "ma io là". Meglio capire cosa serve Officina e come mai non ha funzionato.
Il ruolo di officina - come ho già scritto in post precedenti - è quello di dare alla città uno spazio da vivere nel quotidiano dove si può passare qualche ora bevendo un buon caffè e curiosando negli atelier di artisti che producono le proprie cose. Molto semplice e molto interessante. Osservare il 'dietro le quinte' di un lavoro artistico, scambiare due chiacchiere con gli artisti, e ogni tanto assistere a qualche evento è il senso di officina. Una struttura in realtà facile da gestire perchè funziona da se. Occorre solo una semplice cosa: aprirla.
Ma questa semplice apertura non è avvenuta e la situazione che si è creata negli anni era paradossale: una struttura che funzionava però chiusa. E come avere un ristorante che va a pieno regime ma tiene le porte chiuse: voi da fuori, attravrso i vetri, vedete che ci sono i cuochi che cucinano e i cammeriri che preparano i tavoli ma non potete entrare. Ma la differenza è una ed è enorme: è che il "cibo" che si sta producento dentro officina l'avete già pagato e anche a caro prezzo: 145 mila euro all'anno.
Perchè questa semplice apertura (che si realizzava automaticamente attraverso la gestione del bar) non è avvenuta? Non ho sufficiente intelligenza per capirlo. E come me neanche le centinaia e centinaia di reggiani che alla parola "Officina delle Arti" fanno quella faccia lì, schifata, che avete fatto anche voi ad inizio post.
Se non c'è una risposta alla domanda ci sono i nomi di tutti coloro coinvolti in questo progetto andato male:
ATELIERISTI. Ovviamente è un punto di vista parziale e forse le colpe che abbiamo sono superiori a quelle che pensiamo. Comunque. Atelier sempre attivi e quindi potenzialmente visitabili. Progetti proposti molti tra cui anche una trasformazione d'uso da Officina delle Arti a Officina della Cultura (e quindi cambio gestione con coinvolgimento di più assessorati). Sicuramente dovevamo metterci più grinta e arroganza. Colpevoli anche se in minima parte. Risultato, giustamente, FUORI da officina.
PIETRO MUSSINI. Angelo e Demone di Officina. E lui che l'ha creata ed è lui che ha contribuito a distruggerla con una serie di non risposte, mancate progettazione, etc. Colpevole con giustificazione ma colpevole. Risultato: andato in pensione e quindi FUORI da Officina.
ELISABETTA FARIOLI. Responsabile di Officina. E lei che ha stabilito la linea di gestione, la programmazione, la scelta di tenere il bar chiuso, di non venire mai a vadere cosa capitava, di bocciare progetti e di tutto ciò che è avvenuto e non avvenuto. A lei, sostanzialmente, si deve la gestione di tutta quanta la faccenda. Non è l'unica colpevole ma decisamente la pricipale colpevole. Risultato: NON FATTA FUORI (per ora)
L'idea di chiudere questo ciclo di Officina con la soluzione del taglio lineare in stile Tremonti, cioè tutti fuori-tabula rasa-si comincia da capo, è per molti versi discutibile ma di fronte alla reputazione che Officina ha in città è più che comprensibile. Fuori tutti, si ricomincia. Ed è proprio in questo "si ricomincia!" che c'è finalmente, dopo anni, qualcosa di concretamente positivo.
Come ho raccontato la storia del ladro di I-pod qui sul blog senza alcun motivo, racconterò la storia di Officina là in galera. Non so ancora se concluderò con "han fatto fuori tutti" oppure con "la principale responsabile è ancora là a comandare". Ma al di là della conclusione del racconto la chiecchierata si chiuderà così: il rapintatore di banca salterà su è dirà "Simò, pure io ho fatto un banale prelievo di soldi pubblici e gli ho sprecati! E son finito qui! Capita sai? non te la prendere dai!".
Una buona battuta è una gran cosa. Ora si riprende a produrre che è meglio.
Scordavo una cosa: in tutto questo l'Assessore c'entra qualcosa? Ha sempre avuto un ruolo defilato perchè di fatto su Officina aveva un ruolo defilato in quanto la direzione di Officina era delegata completamente in mano alla Farioli. Ora però si ricomncia da zero e la prima decisione da prendere è sua: si ricominciare da zero?

sabato 24 settembre 2011

LA SCOMMESSA. Via Turri a Reggio.

(In un post scritto qualche giorni fa sottolineavo come siamo capaci di bontolare contro le istituzioni che funzionano in modo criminale ma non siamo minimamente capaci di arrangiarci. C'è un problema? O si affronta tramite le istituzioni o son maroni).

A reggio emilia c'è la zona di via Turri (o stazione): immigrazione incontrollata che diventa ghetto con vari problemi. Un posto pessimo per vivere ma perfetto per dare sfogo a tutta la forza dell'arte nel ristrutturare il contesto sociale-culturale. Lì ci sono un tot di locali, magazzini, negozi, laboratori, rimasti vuoti da tempo. Ecco la SCOMMESSA:
Scommetto con i proprietari degli immobili che nel giro di un paio d'anni quel quartiere può inizare ad avere una reputazione diversa e di conseguenza i loro immobili aumentare di valore. Non si chiede uno spazio gratis, ne uno sconto sull'affitto ma una caratteristica ben più concreta: LA QUOTA VIENE VERSATA NON DIRETTAMENTE AL PROPRIETARIO MA IN UN FONDO. Il 31 ottobre 2013 si verifica la situazione del quartiere: se non è più un ghetto ma è diventato parte della città il fondo viene utilzzato per FINANZIARE PROGETTI ARTISTICI NEL QUARTIERE, se invece il quartiere è tale e quale il fondo viene INCASSATO DAL PROPRIETARIO.
Tutto molto semplice, vero?

giovedì 22 settembre 2011

IL CATALOGO by THOMAS HIRSCHHORN

Ecco un suggerimento molto valido dell'artista Thomas Hirschhorn
"Il problema dei cataloghi è che spesso voglione essumere autorità.
Un catalogo viene spesso concepito con l'intento di legittimare o rivalutare l'opera d'arte. Lo rifuto. Un catalogo dovrebbe infromare, creare coscienza, dicutere i collegamenti e i contesti. Dovrebbe dare spazio a domande, non cercare di convincermi della validità di un'opera e, soprattutto, non dovrebbe essere intimidatorio attraverso la sua forma e il suo stile"

domenica 11 settembre 2011

siamo statalisti, colpevolmente statalisti.

Il problema è che siamo culturalmente statalisti: ragioniamo inconsapevolmente come se il rapporto tra di noi deve essere esclusivamente gestito dallo stato. E questo non è riferito a quei servizi come la sanità o la scuola che devono ovviamente essere di gestione pubblica. E' riferito a qualsiasi altro progetto che ha bisogno di referenti e finanziamenti. Se abbiamo una buona idea la prima cosa che pensiamo è quale apparato pubblico ce lo può finanziare. Non pensiamo ha chi serve quel progetto. Non pensiamo, ad esempio, che il punto di vista di un matto può essere utile a chi deve innovare. Non pensiamo, ad esempio, che un'istituto d'arte può proporre nuove idee di design e architettura per attività commerciali.
Questo è un hadicap culturale che ci ha ridotto in una condizione grave: mettere la nostra economia in mano all'amministrazione pubblica per lo più fatta da incompetati. La politica ha tutto il nostro dissenso ma ha il il nostro ampio consenso culturale quando sostanzialmente diciamo "fate voi".
E' questo "fate voi" il grosso problema da superare con un semplice e banale principio: "facciamo noi". E non si chiama liberismo ma più semplicemente "collaborazione".
a presto?

martedì 6 settembre 2011

mentalità nell'amministrazione pubblica.

(questo giro sarò qualnquista, ma di un qualunquismo scontatissimo. Purtroppo a volte è inevitabile per contrastare la tendenza tipicamente italiani di sorvolare per il quieto vivere).

Cosa deve fare un'ammistrazione pubblica? Molto semplice: lavorare.
Non occorre spendere, finanziare, sostente, assiste. Occorre semplicemente adare in ufficio e lavorare. Lavorare significa fare ricerca, creare contatti, mettere a sistema e organizzare. Molto semplice no? Economico no? No, non economico, peggio ancora: gratuito, perchè di gente negli uffici pubblici ce nè a iosa.
E invece no: a dominare è la mentalità dell'assistenzialismo: si finanzia un progetto e poi...poi? poi basta. Sì perchè dare agevolazioni per l'amminstrazione pubblica significa sostenerlo. Che il progetto ha bisogno di contatti, di entrare in rete, circolare, etc. questo no, non esiste. E come se si spendono un sacco di soldi per finanziare l'acquisto di auto e poi non si fanno le strada. Così le macchine, belle e costose, se ne stanno in garage e le persone che le devono usare rimangono in casa e i comodi sedili della auto vengono usate dai gatti come cuccia.
Così abbiamo una serie di attività che ricevono finaziamenti pubblici che non entrano in contatto con altri soggetti che hanno bisogno (e sono disposti ad investire) in queste attività; i primi non sanno come proporsi (inviare una mail o telefonare come un veditore di telefonia?? sucidio) e i secondi non sanno dove cercare.
Non esiste una "piattaforma" di riferimento, una "piazza" in cui entrare in contatto, confrontarsi e produrre.
E allora fate ste cacchio di strade e piazze, che poi ci si va anche a piedi o in bici. Della macchina in garage non ce ne facciamo nulla.... Come? Come dite: e poi i gatti dove li mettiamo?

sabato 23 luglio 2011

precario, cap. 2

Premetto. Non ce l'ho con i precari, anzi, ci sono dentro anch'io a piedipari.
Ma, per favore, la definizione precario è una presa in giro. Per vari motivi, che elenco di seguito:
- il "precario" è un termine inventato da politicanti che appartengono ad una categoria e una generazione che a ridotto i trentenni a una codizione lavorativa miserevole. Ci riducono in queste condizioni e poi ci commiserano anche?? mi sa un po' di presa in giro.
- il "precariato" non è la condizione attuale: siamo messi ben peggio. Perchè il problema è che il lavoro non c'è. Altrochè precario, peggio, molto peggio. E allora definire il problema come "precario" mi sembra al quanto riduttivo: come dire ad un malato di leucemia che il suo problema è il mal di denti. mi sa un po' di presa in giro.
- il "precario" è quello che non ha il "posto fisso" e il "posto fisso" è il modello lavorativo che per trentanni a paraculizzato l'italia creando un sistema di lavoro in cui l'obiettivo non era 'costruire qualcosa' ma 'piazzare il proprio fondoschiena al caldo'. Questo, economicamente ha dato parecchia tranquillità (sopratutto alle banche in caso di mutuo) ma ha pesantemente influito sulla mentalità, sull'assenza di stimoli, e su una pigrizia ormai diffussissima. Essere considerati precari significa avere ancora come riferimento un sistema socio-economico che ci ha ridotto a una condizione ben peggiore del precariato. mi sa un po' di presa in giro.
La battaglia per il precariato è sacrosanta e indiscutibilmente giusta. Nel mio primo post ho ricevuto commenti in cui i precari venivano difesi. Non ho mai attaccato i precari, sia ben chiaro. Con questi post voglio solo istigare ad una visione più concreta in cui si prende atto che molti mestieri (come quelli legati alle costruzioni edili) non hanno più senso di esistere e che molti altri si devono reinventare o comunque modificare perchè le esigenze e i desideri delle persone stanno rapidamente (e forzatamente) cambiano.
O ce ne andiamo tutti in cina e india oppure è il momento di costruire qualcosa di nuovo. Quest'ultima ipotesi, se ci pensate bene, è una gran bella occasione per vivere meglio.

domenica 17 luglio 2011

STUDIO APERTO e il MONDO DELL'ARTE.

Il maggior rappresentate del mondo dell'arte in tivù è Studio Aperto, il tg su italia uno delle dodici e trenta.
Ci vuole poco a capire che il direttore è un critico d'arte o un'artista da museo, o comunque potenzialmente potrebbe esserlo. Il modo di pensare è esattamente lo stesso, cambia soltanto la forma. Sì, perchè il mondo dell'arte la pensa esattamente come studio aperto: le gente non è altro che una massa dei poveri imbecilli. Cambia solamente la forma: mentre Studio Aperto ha deciso di assecondarli prendendoli per il culo con servizi canzonatori, il mondo dell'arte ha deciso di snobbarli con mostre dal tono irritante.
In entrambi i casi c'è un Direttore che in riunione al momento di decidere cosa fare, premette: "intanto la gente non capisce niente".

martedì 21 giugno 2011

Precario

Precario è una delle parole più insulse e insopportabili che esistano: puzza di invidia, di vecchio, di paraculaggine. Il precario è quello che vorrebbe essere non-precario, cioè "fisso", in un ufficio per 40 anni, con la panza e il culo parato in eternità, che fa lo stesso lavoro sempre, nello stesso posto, possibilmente statale, che va a letto alla sera senza preoccupazioni se non se la domenica piove o fa bello per via della gita. Sono come quei poveri che potrestano contro i ricchi perchè non hanno un giardino con il recinto e l'antifurto ma non si rendono conto che intorno a loro ci sono centinaia di km di giardino splendido non deturpato da uno squallido recinto, un pratino iglese cacatoio per cani, e un'ansioso antifurto.
Precario è un'idea vecchia, parassita, di un modo di protestare conservatore e paraculo che brontola in nome dell'io e dell'anti.
Precario è un insulto a chi vuole rischiare, costruire qualcosa di nuovo, innovare, condividere, confrontarsi, produrre e migliorare. E' la difesa estrema di una mentalità lavorativa celebrolesa e anticreativa.
Non a caso, la parola "precario", è stata inventata da qualche vecchio parassita politico, o giornalista, o sindacalista.

domenica 19 giugno 2011

cambio.

Situazione attuale.
(questo blog, abbandonato,in disuso, ex-letto poco, ora non letto per nulla, per questo giro diventa un diario da rileggere in futuro)
Sono in fuga. Ho deciso di uscire dal gruppo per fare un'azione mia. Mi hanno seguito altri. Carichi. Siamo tutti carichi. Grinta. Voglia di cambiare. Olè.
E così la fuga va avanti. Tiro io, che sono informa. Tiro io, sì. E la fuga va avanti. La gente, il pubblico, applaude, tifa, sostiente. I giornali parlano, i siti anche. C'è consenso e entusiasmo.
Ma c'è anche la strada, mica solo spiana. Tutt'altro. Su giù. Mangia e bevi.
Quelli in fuga con me sono splendidi. Caricano anche loro. Incitano. Sono con me.
Ma,
un cambio! Datemi un cambio ogni tanto. Mettetevi anche voi fuori dalla scia e rischiate il fuori giri. Rischiate di vincere. rischiate di perdere.
Quando mi giro siete tutti lì. Vi voglio bene. Molto bene. Ma osate. Critici, artisti, galleristi, metteteci qualcosa in più del vostro tifo.
Quello c'è già, viene dal pubblico. Un pubblico fantastico che fa molto di più di quello che dovrebbe fare (chi conosce un progetto che sto facendo sa a cosa mi riferisco).

Ferrarini del futuro pensaci te.

domenica 13 marzo 2011

STREET ART

La Street Art deve rendere pubblico quello che è privato e non privato quello che è pubblico.
Un muro di cemento orrendo piazzato senza alcuna cognizione in mezzo ad un paesaggio (urbano o campagnolo) è un bene privato (spesso di proprietà pubblica) che si prende prepotentemente il paesaggio, cioè un bene pubblico. Questo è il terrono della street art. Ma non è sufficiente: perchè ritorni ad essere pubblico occorre agire in modo "pubblico" cercando di dare un valore estetico e possibilmente anche contenutistico (idea-riflessione-omaggio).
Un graffitaro che fa il suo tag in stile fumettaro-pomposo-japan-americanoide non fa street art ma l'esatto contrario: priva il pubblico di un posto pubblico mettendoci sopra la sua pisciatina di cane.
La cosa più grave è che la Street Art dei Murales e dei Graffiti viene messa nello stesso calderone di quella dei vandali-graffitari: e come considerare due persone identiche per il semplice fatto che si trovano entrambe nello stesso posto. Sarà assurdo?

domenica 30 gennaio 2011

Chissenefrega dell'Egitto.


A noi l'integralismo islamico non riguarda.
Come non riguarda la povertà e le dittature dei paesi Arabi e Persiani.
Sì perchè noi non siamo a rischio attentati e non siamo toccati da un'immgrazione disperata in cerca di lavoro e democrazia.
Che ci sia Dittatura, Tirannia, Democrazia o Monarchia Assoluta, ad esempio in Egitto o in Tunisia o in Iran, per noi non cambia nulla, assolutamente nulla.
Come non cambia nulla se una parte del mondo, priva di libertà, sta letteralmente tentando un CAMBIAMENTO STORICO (di cui i libri di storia nel 3000 ne parleranno ampiamente) a suon di manifestazioni di piazza con, ovviamente, parecchi morti e feriti.
Provate ad immaginare (come hanno fatto molti ragazzi e ragazze arabi e parsiani) che in una parte consistente del mondo ci sia una democrazia dove si può parlare, progettare, discutere, in modo pacifico. Dove l'incazzatura perenne, cioè l'anima della violenza e dell'integralismo, provocata dallo sfruttamento di pochi potenti, è messa in discussione discutendo. Un cambiamento enorme, collosale, se solo si considera l'intero mondo arabo e quindi anche tutti quei paesi europei e americani che sono patria di egiziani, tunisini, algerini, iraniani, etc.
Sarebbe bello vivere la storia. Magari non in prima persona, come accade per i ragazzi arabi, ma anche in modo diretto come avviene per molte nazioni europee che hanno dentro di se il mondo arabo.
Abbiamo il sole e il mare, ma da noi la storia non passa mai; per una volta vorrei essere più vicino: magari in Francia o in Italia e non ad Antigua.

venerdì 14 gennaio 2011

alfabeto dismesso dal sito.

IL RINNOVO DEL SITO HA PORTATO L'ESCLUSIONE DI ALCUNE PAGINE TRA CUI QUELLA DEDICATA AGLI "APPUNTI", UNA SORTA DI ALFABETO DI MICROPENSIERI. PER NON PERDERLA DEFINITIVAMENTE LA SALVO QUI.

A come Agire.
La prima lettere dell’alfabeto coincide anche con la premessa di tutto quello che segue. L’agire è il denominatore comune delle riflessioni costruttive e anche dei numerosi brontolamenti. Non c’è pessimismo, ma una sana rabbia/spinta. Non ci sono situazione distruttive ma situazioni di distruzione e cioè il contesto giusto dove poter costruire.
La crisi economica sta imponendo a molti di ragionare e ricercare e quindi sta provocando una nuova consapevolezza e un cambiamento culturale. In positivo.
A come Attenzione: il cambiamento non è ancora in atto ma sì è ancora a livello di tendenza, come se si fossa imboccata la strada giusta ma questa è ancora da percorrere e la meta da raggiungere.
 
B come Batterie.
Se per stare al mondo è importante avere energia, entusiasmo e sensibilità allora l’arte ha un ruolo fondamentale.
Se al di là di mangiare, bere, cacare e dormire, tutto il resto e superfluo allora l’arte non serve a nulla.
L’arte come batterie della vita di una civiltà. Più le batterie sono messe bene, più si va lontano.
Null’altro.
 
C come Crisi.
Crisi Economica? No crisi del Superfluo, che è crollata pesantemente sull’economia normale. Come un palazzone vicino casa, mal costruito e abusivo, che crolla all’improvviso (ma era evidente che prima o poi venisse giù). Ora bisogna capire cos’è superfluo. L’arte rientra in questa categoria? In teoria tutt’altro, ma in pratica.
 
D come Dio Divano.
Quando sentite “divano” dite subito “Amen”. Inchinatevi al suo potere onnipotente.
Il divano non si sposta, ne anche in avanti di dieci centimetri.
Arte vs Divano, vince il divano al primo round per ko.
Tutto bene?
 
E come Economia.
C’è il presupposto per un cambio di tendenza; alcuni Economisti sostengo addirittura che sia in atto un cambio epocale.
Fatto sta che il consumatore sta effettivamente cambiando grazie a uno sviluppo culturale del consumo sano (dal cibo alle vacanze) e al canale alternativo internet, che è rimasto alternativo solo per i direttori marketing.
Un modo diverso di comprare ma soprattutto di comportarsi che comprende due aspetti molto importanti: ricerca e consapevolezza. Possiamo essere leggermente ottimisti?
 
F come Fantasy.
E’ una patologia che colpisce generalmente il genere umano femminile. La caratteristica principale è la perdita della dimensione reale a discapito di una dimensione totalmente fantasiosa.
Il lato positivo è che si ha uno sviluppo dell’immaginazione. Quello negativo che non si immagina più: tutto quello che si pensa è terribilmente reale (nonostante non sia realtà) e nulla più rientra nel magico e leggero mondo della fantasia e dello scherzo. Una mono-dimensione che provoca un grosso handicap: impossibilità di comunicare e dialogare.
 
G come Generazione.
Per la precisione Generazione Erasmus. Sono coloro nati dagli anni settanta in giù. Senza idealismi, guardano la tivù poco e di notte, esplorano con internet, non credono nel buono e nel cattivi e soprattutto si sono fatti più o meno tutti una bella esperienza all’estero. Chi non l'ha fatta è circondato da amici che comunque hanno portato a casa un tot di esperienza.
La Generazione Erasmus è un vero e proprio distacco/svolta generazione, meno disilluso, molto più povero, con meno senso dell’orticello da coltivare (e difendere) ma con un unico grosso difetto che manda in vacca tutti i buoni propositi: sono privi totalmente di palle. Buon Natale.
 
H come Hobbisti.
In musica, nel teatro, nell’arte e nell’educazione si ha una grossa mescolanza tra professionisti e hobbisti. Cioè molti hobbisti per strani motivi sono diventati professionisti. Nulla contro gli hobbisti, tutt’altro, spesso sono più simpatici dei professionisti.
Il problema è che provocano un’enorme illusione per milioni di altri hobbisti che, giustamente dicono: se quello che fa quello è proff allora ci provo anch’io. E da qui nasce un ingorgo a danno di tutti, soprattutto dei pochi professionisti.
 
I come ICI.
Bisognerebbe rimettere l’ici. Ma stavolta con un parametro diverso: la decenza. Chi ha una casa di merda o finto antico pagherà molto ma molto di più di chi ha una casa decente. Non più come parametro la ricchezza ma il rispetto per l’ambiente e per gli altri. Chi interviene per ripristinare la decenza sulla propria casa ovviamente avrà sgravi fiscali, agevolazioni, e etc. e potrà accedere ad un fondo fatto dalle pesanti multe ai tecnici comunali, ditte costruttrici, etc. che hanno provocato lo schifume. I poveri ci rimetteranno? No, assolutamente no: il finto antico è lo stile preferito dai ricchi (o meglio dagli arricchiti) e inoltre un condominiaccio di periferia, con un po’ di organizzazione e una spesa irrisoria a cranio, può trovarsi un intervento di ripristino (vedi murales) e aumentare la propria qualità della vita in modo molto semplice.
 
L come Lettere.
Lettere è indubbiamente la materia più importate delle scuole dell’obbligo. In generale il problema maggiore è che questa non viene insegnata con un obiettivo utile: alla domanda a cosa serve scrivere? Serve per non essere analfabeti o qualcosa del genere.
Ma forse scrivere serve a qualcosa in più: a ragionare, osservare, ricordare e soprattutto comunicare. Al di là dell’errore di ortografia e del non essere analfabeti, “lettere” deve avere una dimensione più reale, più concreta, più funzionale, e cioè sfruttata come uno strumento utile nella quotidianità.
 
M come Musei.
Uno delle sostanza più stupefacenti sono i musei. Spararsi nel cervello un museo come la Pinacoteca di Brera, o il Moma è una figata pazzesca, un gran bel trip.
Ma bisogna stare attenti, come con tutte le sostanze stupefacenti, a non abusarne: si perde cognizione della realtà.
 
N come New York.
Bello o brutta che sia, simpatica o antipatica, nervosa o grintosa, una sola caratteristica di New York è indiscutibile: si può sognare. È il luogo dei sogni realizzati e nella cultura newyorkese un sogno può diventare realtà e non un “ma sa dit, mo va a lavurer”.
 
O come Odiens.
Ma voi conoscete qualcuno che vede regolarmente la De Filippi? O qualcuno che vede i programmi di intrattenimento in prima serata? No? Nessuno? Sicuri? Qualcuno da qualche parte che guarda con passione ‘sti programmi ci deve pur essere, no? Così dicono.
Ma se noi consideriamo quello di concreto che conosciamo non è più semplice? Oppure va bene così e l’odiens è quello, e noi apparteniamo ad una nicchia di emarginati?
Magari non siamo socialmente emarginati e forse il Signor Odiens gonfia e sgonfia alcuni dati. Mah.
 
P come Partiti Politici.
Una volta c’erano i partisti di sinistra e di destra, ora ci sono i Partiti Politici e i Partiti Antipolitici sparsi un po’ di qua e un po’ di là, su giù a destra e a sinistra.
Un movimento comprensibile considerato la situazione politica e il dissenso rispetto alla politica che si occupa più di se stessa che della realtà. Per fortuna che i partiti antipolitici si occupano di contrastare i partiti politici parlando anche loro di politica.
 
Q come Quadro.
Nell’ottocento la pittura si trasferisce dalle basiliche e dai grandi palazzi pubblici ai quadri sopra al divano. Un bel progresso no?
Con le correnti romantiche, l’architettura e la pittura si sono separate dopo anni e anni di convivenza perfetta (non si sa ancora per colpa di chi). La pittura si è rifugiata in appositi centri di accoglienza di nome gallerie e musei. Orfani dell’architettura e stata reintegrata a vita sociale sotto forma di quadro e ha trovato il suo collocamento socioculturale nell’arredamento di casa insieme alla mensola, la tivù, l’armadio, il tavolo e il grande Dio Divano. Insieme? Ho detto ‘insieme’?
No scusate, dopo tutto questo.
 
R come Religione Romana.
Le civiltà occidentale è nata a Roma. Il più grande periodo della storia di tutti i tempi, insieme ai greci sono senz’altro i romani.
Una della cosa più interessanti della cultura romana era la religione: una serie di divinità si occupavano di svariate cose: dall’agricoltura all’arte. Ogni persona aveva una divinità di riferimento a cui rivolgersi per chiedere aiuto e portare i ringraziamenti. Insomma divinità specializzate, presenti e produttive. Bello no?
Un po’ differente da molte religioni contemporanee in cui, innanzitutto, bisogna ricordarsi che Dio è pronto a punirti.
Un po’ di tranquillità su!
 
S come Sociale.
Sociale è sinonimo di Sfiga. Hai problemi sociali? Hai delle sfighe. Lavori nel Sociale? Lavori con chi ha delle Sfighe. Insomma la parola sociale si può socialmente collocare tra gli emarginati. Ma come? La società non è quella che ha una Cultura, un pensiero, una mentalità, un’economica e una politica? Non dovrebbe esserci una sorta di matriosca: il sociale contiene la cultura che contiene l’economia e l’arte?
 
T come Timbrare.
Ecco una delle maggiori stronzate del nostro tempo: timbrare il cartellino. Ti alzi alla mattina presto, devastato, ti piazzi in mezzo al traffico devastante, con l’ansia devastate che non devi arrivare in ritardo. Le condizioni migliori per essere vispi e produttivi, no?
 
U come Utopia.
Ecco un’utopia: svincolare culturalmente l’idea di fare figli a quella della famiglia. Sì, questa è grossa. Perché una donna che vuole figli deve per forza forzatamente costruirsi una famiglia quando non ha la possibilità o l’esigenza di farlo? La natura ti impone di fare figli con un partner ma se poi il partner riproduttivo non c’è più il bambino cresce comunque sano e salvo.
Questa è grossa vero?
 
V come Veicolo con Vecchio.
Allora, non facciamo i moralisti o i perbenisti, occhei?
I Vecchi su un Veicoli qualsiasi che sia, auto, bici, treno, trattore e moto, sono un problema sociale ed economico, più che evidente. Perché se devo andare dal punto a al punto b ci metto il doppio del tempo se becco un vecchio? Perché se c’è una macchina che mi fa un ficchetto è di un vecchio?
Ci sarà mai una campagna di sensibilizzazione su questo problema come è stato giustamente fatto per i neopatentati? Verrà mai notato che abbiamo un codice della strada per vecchi che impone limiti di velocità per vecchi?
No.
 
Z come Zero Tituli.
Uno dei maggior docenti d’arte potrebbe essere Mister Mourinho.
Questo per un motivo molto semplice: una buona Attività creativa non deve basare il proprio lavoro sulla ricerca ma sull’Allenamento, proprio come i calciatori, i ciclisti o i boxer. Allenare il fisico e la mente per essere in condizioni mentali e fisiche per avere l’energia giusta per produrre un lavoro tosto, carico, coinvolgente. Al contrario si rischia di essere mosci e produrre un lavoro moscio che se ne sta sul divano a dormire tutto il giorno e notte.
E nell’allenamento alla forza fisica e mentale Mou e il suo staff sono i migliori al mondo.

lunedì 3 gennaio 2011

Mi girano i maroni!

Sì, mi girano, e anche molto.
No no no non si tratta di lamentele e brotolamente vari ma sono a livello molto peggiore del tipo che Son propria incasè!
Perchè? Beh ho qui un bell'elenchino da farvi.
- Son incasè perchè la mia generazione non si può incazzare. Eh no, noi figli di papà abbiamo tutto pronto, siamo "bambocci" (come ha detto un Ministro con grande cognizione della realtà), mantenuti, non abbiam voglia di andare in fabbrica e infine non ci stacchiamo mai dalla casa paterna, anzi materna. Che poi siamo lavorativamente ed economicamente messi da schifo è un'altro discorso. E' un'altro discorso?
- Son incasè perchè sono anni che lavorativamente, sia nel settore arte che in quello formazione, non ho mai avuto a che fare con una progettazione o una pianificazione (anche mensile!) ma solo con un profesionalissimo metodo A Spot Casuale. E così ogni volta si riparte da capo (sia se le cose vanno bene o male) e nel mentre si vive nel caos e nel mistero.
- Son incasè perchè ricevo vagonate di gloria ma quello che faccio non si vende per un motivo molto serio e gravoso: non ci stanno sopra al divano.
- Son incasè perchè la banca mi blocca il conto. Certo, ha tutto il diritto di farlo, ma almeno ditemi quel perchè se no da milano come cazzo ci vengo a casa??
- Son incasè perchè c'è un modo complicato di vendere i quadri a tremila euro e non c'è un modo facile per venderli a settecento.
- Son incasè perchè sono anni che faccio docenza a delinqueti, abili, diversamente abili, studenti delle superiori, internati all'opg, malati psichiatrici, studenti delle medie e altro che ora non ricordo, ma non posso fare docenza alla normali scuole medie perchè conta un corso di specializzazione teorico e non gli anni di esperienza con i relativi risultati.
- son incasè perchè non riesco a pagare l'ultima rata d'affitto di una struttura del comune dove mi chiedono, oltre all'affitto, progetti gratis, che bocciano e poi, quando vengono fatti (con altri enti) finiscono vanitosamente in prima pagina sul giornalino del comune.
- son incasè perchè allo scaruffi hanno zero ore di educazione artistica. Evviva la creatività. E' ben noto che avere idee non serve a nulla, proprio nulla. Sì.
- son incasè perchè mi tocca spendere 2 mila euro all'anno di benza perchè non esistono piste ciclabile dove si possa girare tranquillamente di notte. A chi devo mandare il conto?
- son incasè per tutte le non risposte in ambito lavorativo. Nel settore arte se ti proponi sei un fallito in altri settori non si capisce.
- son icasè perchè mi piace stare al mondo e sono incasè perchè c'è un sacco di gente valida a cui posso dire che son'incasè!
Son incasè, anche parecchio, ma felicemente Incasè!