martedì 21 giugno 2011

Precario

Precario è una delle parole più insulse e insopportabili che esistano: puzza di invidia, di vecchio, di paraculaggine. Il precario è quello che vorrebbe essere non-precario, cioè "fisso", in un ufficio per 40 anni, con la panza e il culo parato in eternità, che fa lo stesso lavoro sempre, nello stesso posto, possibilmente statale, che va a letto alla sera senza preoccupazioni se non se la domenica piove o fa bello per via della gita. Sono come quei poveri che potrestano contro i ricchi perchè non hanno un giardino con il recinto e l'antifurto ma non si rendono conto che intorno a loro ci sono centinaia di km di giardino splendido non deturpato da uno squallido recinto, un pratino iglese cacatoio per cani, e un'ansioso antifurto.
Precario è un'idea vecchia, parassita, di un modo di protestare conservatore e paraculo che brontola in nome dell'io e dell'anti.
Precario è un insulto a chi vuole rischiare, costruire qualcosa di nuovo, innovare, condividere, confrontarsi, produrre e migliorare. E' la difesa estrema di una mentalità lavorativa celebrolesa e anticreativa.
Non a caso, la parola "precario", è stata inventata da qualche vecchio parassita politico, o giornalista, o sindacalista.

4 commenti:

  1. bella provocazione simone! posso essere d'accodo in parte. anzi, lo sono. lo sono sul fatto che certe mentalità e antiqualcosa lo sono solo perchè i titolari della mentalità vorrebbero solo sostituirsi a chi criticano. sul precariato però siamo andati oltre e abbiamo superato lo stato che dici. di fatto il precariato è una schiavitù per molti. è uno sfruttamento dal quale è impossibile uscire e che ha fatto sì che gente che ha raggiunto ormai una certa età con lo status di precario appunto ora debba vivere in una situazione di ricattabilità estrema. perchè il precariato, dopo un po', è come una malattia. non ne puoi più uscire e a molti fa comodo che lo stato delle cose continui ad essere questo!
    augh.

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  2. La pensavo come te finchè ho capito che ci sono moltissime persone che non riescono a inventarsi un lavoro (si, anche,a volte, perchè non creative ..), altre che non possono neanche provarci perchè non hanno soldi da rischiare per partire ( neanche pochi), altre che hanno una famiglia e che vorrebbero rendere sicuri i figli più che se stessi..

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  3. Mi fa molto piacere vedere le vostro reazioni.
    Non voglio sminuire la condizione del precariato, ne tantomeno insultarlo. Proprio per questo preferisco non chiamarli "precari"; chimiamoli come volete ma non precari, e cioè non usiamo un termine utilizzato dai burocrati parassiti che gli/ci hanno ridotti così.
    Il mio discorso voleva porre un punto di vista diverso.
    Mi spiego con un'esempio. C'è un progetto di una scuola di seconda opportunità che raccoglie ragazzi con grosse difficoltà nel normale percorso delle scuole medie. I docenti si inventano metodi nuovi per insegnare le materie attraverso lezioni più "d'"azione", coinvolgimento, ludiche e creative. Questi docenti non sono precari: peggio: sono pagati molto meno dei precari e ricevono lo stipendio a fine anno scalastico. Dobbiamo chiamarli precari? Dobbiamo indurli ad una lotta per non essere precari, e cioè spingerli verso un posto pubblico in una scuola normale?
    Oppure dobbiamo considerarli Educatori e spingerli verso l'innovazione, verso esportare i propri metodi (che tra l'altro andrebbero persi nel posto fisso della scuola pubblica).
    Incazziamoci perchè non mettono soldi per l'innovazione, non perchè questi docenti non hanno un posto fisso. nazziamoci non perchè non finiscono a ruolo della scuola pubblica, ma perchè non c'è ne budget ne canali, sistemi, piattaforme per esportare le idee e far crescere i progetti che inventano.
    Ceci, è vero: ci sono persone non creative, ma in italia, tra mille difetti non ci manca la creatività (nemmeno nella crimanlità e falsità); basta vedere i nostri nonni come si reinventavano gli oggetti per fare l'orto o la mensola di casa. Occorre riprendere consapevolezza di questo magari dando più peso all'innovazione.

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  4. Caro Ferarein, io sono più che d'accordo. Viviamo in un paese dove la qualità e il merito non hanno riscontri. Però il problema della precarietà esiste. Anzi, è intrinsecamente legato ad una complessiva visione di breve termine. Agli insegnanti di cui parli, non credo dispiacerebbe vedersi riconosciuto il proprio operato con più regolarità. Che non significa necessariamente desiderare un ruolo nella scuola pubblica "normale" (e anche lì, apriti vaso di Pandora...), ma solo valorizzare e stabilizzare nello spazio e nel tempo il proprio progetto. E' a questo che si riferisce la parola precarietà...ad una condizione umana imprescindibile, che oggi si estende ad una sostanziale incapacità di tutti a vedere nel lungo termine e oltre il proprio naso. Poi che ormai sia un termine abusato....

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